Negli ultimi decenni l’arte contemporanea sta segnando in più modi il territorio valdelsano. Allo scopo di rendere più chiara l’incidenza di tale fenomeno e di coglierne i molteplici aspetti, abbiamo ritenuto opportuno interpellare direttamente coloro che – artisti, galleristi,curatori e critici – sono stati e sono protagonisti in questo ambito. Cominciamo quindi dall’intervista che Fabio Calvetti, artista certaldese il cui valore è oggi riconosciuto a livello internazionale, ha concesso al nostro consigliere Enzo Linari, nella quale ricostruisce la sua carriera sullo sfondo degli eventi, locali e non, che più lo hanno coinvolto . Vista l’ampiezza dei temi trattati, la pubblicazione avverrà in più fasi, suddivisa secondo i diversi periodi presi in esame.
Gli anni ’70
Intervistatore: Lei ha iniziato giovanissimo a interessarsi di pittura. Quale era il clima culturale in cui si è formato?
Fabio Calvetti: Erano i primissimi anni ’70 e nell’aria si sentivano tutti i fermenti prodotti dal ’68. Io ad esempio, che all’epoca frequentavo da pendolare il Liceo Artistico di via Cavour a Firenze, ho visto occupazioni, manifestazioni studentesche e scontri molto accesi. A questa realtà io mi sono accostato con rispetto, curiosità e perfino adesione in termini ideologici; ma poi, sia perché ero giovanissimo sia per la formazione familiare che mi portava a studiare bene le situazioni prima di lasciarmi coinvolgere in prima persona, non ho partecipato da protagonista a quegli eventi.
I. Ogni giorno quindi faceva ritorno al suo paese natio, ovvero Certaldo.
F. C. Esatto. Qui c’erano le mie radici, e vi trovavo un microcosmo più comprensibile per me, con gli amici, gli impegni sportivi e tutti gli interessi tipici di un adolescente. Aggiungo però che mi ero già creato un piccolo spazio personale; un vero e proprio studio utilizzando un appartamento attiguo alla mia abitazione e per alcuni anni a disposizione della mia famiglia. Avevo acquistato un cavalletto, che per un insieme di affetto, funzionalità e scaramanzia è lo stesso su cui dipingo ancora oggi le mie opere, e in quella stanza potevo in un modo assolutamente libero iniziare le mie sperimentazioni creative. Sento il bisogno di aggiungere poi che in quegli anni a Certaldo avevo la possibilità di vedere mostre di artisti locali, cito tra gli altri i fratelli Marcello e Massimo Tosi, Sigfrido Nannucci, Giancarlo Scarselli, Roberto Fratalocchi, Giancarlo Masini. Questi pittori provenivano da esperienze molto diversificate, e in quel periodo mi hanno permesso di associare strettamente l’opera alla conoscenza dell’autore.
Giunge così il momento della sua prima mostra personale nel 1972.
Avevo solo sedici anni ma per me è stato, per così dire, stranamente naturale presentare alcuni lavori che nel tempo avevo già realizzato. Mi sono sentito incoraggiato dal clima di confronto artistico che si respirava a Certaldo, in cui ognuno rappresentava se stesso e allo stesso tempo sentiva di contribuire a un momento di confronto e di crescita collettiva. In questa prima parte del mio percorso, a partire dalla scelta del mio indirizzo di studi, devo un particolare ringraziamento alla mia famiglia, che mi ha sempre sostenuto dandomi fiducia e responsabilità. In particolare la prima mostra della mia vita è stata resa possibile nei fatti da mio padre, perché ha trovato uno spazio dove potevo esporre le mie tele. Si è trattato di un fondo commerciale momentaneamente non utilizzato che si trovava però nella via centrale del Paese. Ebbi anche la soddisfazione, si può immaginare quanto importante per un giovane di quell’età, di leggerne una breve recensione sul quotidiano la “Nazione”!
I. Altra tappa per Lei importante si ha nel 1975,

Manifesto della mostra del 1975 a Castelfiorentino
con la seconda mostra personale a Castelfiorentino presso la galleria “Miraggio”.
F. C. Mi era già capitato di vedere a Certaldo opere esposte di autori valdelsani, tra cui Sirio Mori e Bruna Scali di Castelfiorentino, perché comunque vi era una certa circuitazione degli artisti locali. All’epoca però in valdelsa l’unica galleria privata si trovava proprio a Castelfiorentino. Nell’ambito della loro programmazione espositiva hanno avuto modo di presentare le opere di artisti importanti, nonché di alcuni miei insegnanti fiorentini. Partecipando come fruitore a questi eventi ho potuto così conoscere il gallerista, Vincenzo Betto, e organizzare con lui questa esposizione.

Presentazione di Ciabani per la mostra del 1975
Ancora una volta mi trovo a constatare la grande fiducia che veniva riposta in un giovane di appena diciannove anni. Anche da questo riconoscimento ho tratto una forte spinta a sviluppare la mia personale ricerca artistica e a proseguire i miei studi all’Accademia di Belle Arti di Firenze.
I. Così nel 1978 arriva la sua la seconda personale a Certaldo, stavolta in uno spazio ufficiale come la saletta comunale di via 2 giugno. Il titolo scelto, “Nigger go home” sembra ancora risentire della fase storica che si stava vivendo.

Il manifesto della mostra “Nigger go home”
F. C. Era infatti una mostra tematica, caratterizzata da un forte impegno sociale. Ero molto colpito da alcuni problemi come la discriminazione razziale, e concepivo l’arte come uno strumento d’impegno e denuncia. Ricordo tra l’altro che all’epoca era frequente che un pittore venisse considerato sostanzialmente come un “operatore culturale”. Devo notare però che un altro aspetto molto interessante di quel periodo era il rapporto diretto che io come autore avevo con i possibili acquirenti. Ricordo che in quegli anni cominciava a svilupparsi un interesse più ampio presso i privati per la pittura, che diventava anche un arricchimento riconosciuto della casa.
I. Si è trattato quindi di un momento molto significativo per la sua maturazione artistica?
F. C. Sì, anche perché in quel periodo ho fatto parte con alcuni studenti selezionati del “Collettivo dell’Accademia di Belle Arti” promosso da Fernando Farulli, mio insegnante e per certi versi mio nume tutelare.

Fernando Farulli – Foto Fabio Calvetti
Ricordo che eravamo circa una decina, e ci riunivamo regolarmente per confrontarci e dibattere i temi dell’Arte Contemporanea impegnandoci in esposizioni tematiche. Per un paio di estati poi , sempre grazie a Farulli, venne coinvolta l’Amministrazione Comunale di Piombino e con essa realtà sociali del luogo come Acciaierie o lavoratori portuali. Dall’accademia di Firenze partiva un camion con tutte le attrezzature necessarie per dipingere, e noi passavamo un mese a Piombino ospitati in un hotel; da qui uscivamo ogni giorno per immergerci nei luoghi del lavoro, fabbriche o battelli, per incontrare le persone e fare schizzi che poi rielaboravamo in una grande palestra che ci era stata messa a disposizione.

Il Colletivo dell’Accademia in un invito a una loro mostra
Dalla esperienza di studenti/pittori nasceva alla fine una mostra sulla nostra rappresentazione delle varie realtà sociali e un incontro con il pubblico che mi ricordo sempre molto coinvolgente.
I. Nella seconda metà degli anni ’70 stavano in effetti mutando le politiche culturali. Nella sua Certaldo, ad esempio, fu valorizzata come sede espositiva Palazzo Pretorio, che peraltro già nel 1966 era stato sede della rassegna di opere prodotte da artisti contemporanei in omaggio a Boccaccio.
F. C. Infatti mi resi subito conto anch’io di questo cambiamento, che portava gli Enti locali a intervenire e diventare protagonisti nell’ambito degli arti visive, programmando eventi espositivi e trovando spesso un contenitori prestigiosi, per l’appunto Palazzo Pretorio nel caso di Certaldo, in cui svolgere queste manifestazioni. Sono convinto poi che questo interesse sia stato favorito nello specifico certaldese dalla grande attenzione già esistente verso la cultura e più specificamente per la letteratura e il teatro legati alla figura di Boccaccio. Sono altrettanto convinto che siano da riconoscere i meriti degli Amministratori certaldesi di quegli anni per l’allargamento alle Arti Visive, a partire dall’Assessore alla Cultura Sandra Landi e dal Sindaco Alfiero Ciampolini.
I. E Lei ricorda di aver visitato qualche mostra a Palazzo Pretorio in quegli anni?

Copertina catalogo mostra di Werner Klemke
F. C. Ne ricordo alcune molto belle ed articolate nell’ampio percorso del Palazzo Pretorio, che scoprivo capace di valorizzare artisti di livello nazionale e internazionale. Mi tornano davanti agli occhi le mostre di Carlo Levi, Tono Zancanaro e Werner Klemke.

Fernando Farulli impegnato nell’allestimento della sua mostra a Palazzo Pretorio. – Foto Fabio Calvetti
Un impatto molto forte ha avuto su di me, per varie ragioni, la mostra dedicata a Fernando Farulli; ad essa tra l’altro ho potuto collaborare per la parte degli allestimenti e ho documentato questi momenti attraverso alcune mie fotografie. In quegli anni infatti mi ero rivolto con grande attenzione alla fotografia, ritenendola essenziale per acquisire una vista più accurata sulla realtà. Avevo anche allestito nel seminterrato della mia abitazione una camera oscura in cui sviluppavo e stampavo personalmente in bianco e nero i miei scatti.
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